giovedì 2 novembre 2017

Un ecovilaggio per ripartire dall’uomo



Articolo di rilevanza nazionale pubblicato su Il Roma Cronache Lucane

La morsa frenetica delle metropoli che ci assale ogni giorno e ci costringe a vivere in perpetuo movimento, spesso mette l’uomo in condizione di smarrire la propria interiorità e le proprie qualità. Se l’identità ci è data da numeri e nomi, la nostra vera natura richiama ad altro. Ecco perché nascono eco-villaggi e vi è la necessità di andare fuori dal caos cittadino, paradossalmente dato dalla troppa ragione automatizzata e dal poco istinto; vi è necessità di condivisione e di ricerca della vera semplicità, delle nostre origini e potenzialità. 

In Italia, vi sono decine di ecovillaggi e tra questi vi è Il Borgo dei Semplici, una struttura a misura d’uomo dove si può ritrovare quell’equilibrio e quell' armonia che troppo spesso si sta perdendo. Ideato dall’architetto Alessandro Di Simone, situato in un enclave di territorio toscano circondato dall'Emilia Romagna, questo luogo speciale aiuta a ritrovarsi a contatto con la natura e aiuta a trovare quell’equilibrio che tante persone richiedono, causa vita stressante e determinati eventi che richiedono all’uomo di ritrovare se stesso in un contesto di sfida, di rinuncia dei comfort ma di grande beneficio in salute, di non dipendenza estrema dal denaro, fondata sul ricatto di esso.


Alessandro, come è nata l’idea dell’eco-villaggio? Spiegaci di cosa si tratta e come è strutturato.
Il Borgo Dei Semplici deve il suo nome alle piante officinali che in passato erano chiamate “semplici”, come pure lo deve alla ricerca verso la semplicità perduta, verso una vita semplice fatta di terra, da contrapporre alla complessità della vita urbana contemporanea. Si è costituito come co-housing e società agricola nel 2011. Vi è la possibilità di vivere in modo differente dai modelli proposti, senza entrare in conflitto con essi, ma dimostrandone la fattività e quindi imponendosi come modello replicabile adatto a tutti coloro che vogliono tentare questa sfida. É composto da tre nuclei familiari che si sono strutturati come Co-housing. Vi sono delle parti comuni, come la biblioteca, la yurta, la sala di yoga, l’officina, la pedana esterna per gli spettacoli estivi, gli orti, il cerchio di pietra, e il cerchio del fuoco, che si condividono, e degli spazi privati dove ogni nucleo familiare vive autonomamente. Il tutto immerso nel verde e da aria pulita ed è aperto a tutti. Dal 2015 si è ristrutturato un fabbricato come locanda, dove è possibile mangiare, e pernottare. Questa diciamo che è la nostra principale fonte di sostentamento. 

Cosa ti ha spinto a impegnarti in un progetto tale?
É stata la necessità di cambiare radicalmente la mia vita in cui non mi riconoscevo più, causa di un’ insofferenza profonda e sorda che si era trasformata in malattia. L’esperienza della malattia, anzi del post-mortem, ti rende consapevole di molte cose. La medicina moderna tenta di resettare ciò che ti è accaduto, di guarirti in fretta e di dimenticare il dolore e la sofferenza per ripartire complice e servo dei costi-benefici. La presa di coscienza e il cambiamento si sono tradotti nel Borgo dei Semplici, che per me rappresenta una via di guarigione, un continuare a credere alla vita nella vita stessa, senza cancellare nulla. 

Tu, precisamente di cosa ti occupi? Ognuno ha una sua mansione?
Si, ci dividiamo i compiti. C’è chi si occupa delle piante, chi delle persone e io mi occupo delle “pietre” , cioè mi occupo della costruzione e della manutenzione delle case, e del luogo. Ho avuto una lunga esperienza come architetto, come progettista e come capocantiere. Credo che in questa società del Nomos dell’ “Aria”, sia indispensabile ritrovare il contatto con il mondo del fare. Prendere con le mani le pietre e porle uno sopra l’altra per erigere un muro non è la stessa cosa che disegnare quel muro dentro uno schermo. Nella pratica manuale c’è una sapienza che non può essere acquisita se non facendo materialmente le cose. 





Credo sia giusto la gente capisca che un ecovillaggio non è una semplice vacanza per rilassarsi, non è una “setta”, ma dovrebbe essere un nuovo approccio alla socialità e alla vita, un passaggio verso l’evoluzione consapevole, all’armonia tanto agognata dall’uomo ma che l’uomo fatica a praticare, soprattutto se immerso nella vita che pensa di vivere, mentre sopravvive a malapena. Sei d’accordo con me?
In verità la vita semplice è dura. Comporta ogni giorno uno sforzo a cui non siamo abituati. Il contatto con la terra ci cambia interiormente ci porta a ritmi diversi e lontani dalla vita urbana. Questo dà un grande sollievo ma anche una grande fatica. La comodità che noi pensiamo di vivere nelle metropoli non vuol dire benessere psicofisico. Io ne sono la prova, come tanti altri fuggiti da certe routine e certi luoghi asfittici. Abitare in un eco-villaggio è una vera e propria sfida ma i benefici che se ne traggono sono davvero notevoli.

Da quest’anno è anche nata l’Università Popolare Maitri. In cosa consiste?
L’Università é stata la naturale trasformazione dell’associazione di promozione sociale IMDON, di cui sono consigliere da anni, che fa formazione e divulga i temi della salute naturale e del valore della vita. Dopo tante esperienze di associazionismo e volontariato, é stata riconosciuto il valore di questa esperienza di ricerca che dura da più di 30 anni nell’ambito della consapevolezza olistica, della coscienza ecologica, delle medicine dei popoli nativi. Riconosce una visione che sta alla base di un nuovo paradigma verso un futuro possibile.


In Italia sono già presenti numerosi ecovillaggi. Pensi che crescano e siano utili alla crescita e alla riscoperta dell’uomo, soprattutto in ambito spirituale?
Credo siano utili perché rappresentano un esempio reale dove sia possibile vivere anche in modi differenti da quelli attuali. In merito all’ambito spirituale, direi che non esiste ambito spirituale una volta tornati alla terra. La spiritualità non è più relegata in un ambito della vita dell’uomo ma è parte della stessa della sua vita quotidiana.  Contemplare questo mondo come la nostra dimora e non come una vacca da mungere sarebbe già un gran passo avanti.



Come immagini il futuro dell’Italia? Anzi, come immagini quello dell’umanità?
Vorrei che il nostro paese tornasse alle sue origini comunali, tante comunità in rete in un federalismo, molto “olivettiano” lo so, ma non penso si possa fare di meglio.
Il fenomeno umano percorre un cammino impervio. L’unica sua via di realizzazione e nell’acquisire maggiore consapevolezza sfuggendo al giogo della ragione. Occorre attivare meglio quella che chiamiamo “intelligenza del cuore”, cioè la sapienza.


Per chiunque volesse prenotare e vivere questa esperienza visitare il sito http://www.alessandrodisimone.it/

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